La malafede e il dibbbattito economico

Posted on 07/05/2013

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Tanti di noi che bazzicano internet si informano attraverso blog e siti vari sui temi economici. Nessuno di noi (o quasi) ha potere, ma cerca lo stesso di farsi un’idea. Perché lo facciamo? “Trova il signore, prima che il signore trovi te” diceva il predicatore di Guzzanti. Prima di parlare di un fatto, ne leggiamo 10 correlati, opinioni, approfondimenti. Confrontiamo le argomentazioni, riflettiamo, cerchiamo prove, studi sull’argomento. E lo facciamo per parlarne ad un pubblico ristretto, senza alcuna responsabilità decisionale. Lo facciamo solo per non dire cazzate, non perché da quello che diciamo dipenda qualche cosa. E lo facciamo nei ritagli di tempo, tra mille ostacoli di un mondo che sembra faccia apposta nel generare enormi minchiate per assorbire le tue energie migliori e lasciarti stremato alle riflessioni serie, quelle vere che magari possono generare un post brillante o solo, più prosaicamente, salvare il tuo conto corrente dagli avvoltoi. Ma sembriamo essere  i soli a comportarci così. Il mondo vero, quello delle decisioni politiche primarie, sembra agire in tutt’altro modo, ignorando qualsiasi espressione del suddetto pensiero .

Eppure nell’ultimo periodo ho letto cose ottime. I miei criteri di selezione si stanno facendo sempre più brillanti. Bagnai, Vocidallestero, vocidallagermania, keynesblog, (cito solo i principali). Dalle ultime letture di questi siti ho trovato alcuni articoli secondo me definitivi su temi cruciali del dibattito economico. Ad esempio, se qualche piddino mi parlasse della bassa produttività italiana, della flessibilità  e della necessità di restare nell’euro per diventare più virtuosi come quei belloni dei tedeschi, gli sbatterei in faccia questo post di Goofynomic-Bagnai che dimostra come noi fossimo produttivi come e più di tedeschi, francesi e compagnia bella fino a che qualcuno non ha prima rivalutato e poi bloccato del tutto il cambio della nostra liretta, per arrivare infine ad abolirla del tutto.

Subito dopo ho trovato questo articoletto di Krugman che allontanandosi da formule e grafici, esprime un concetto fondamentale e una domanda decisiva. Il concetto, semplice semplice, è che l’economia NON E’ come una famiglia. Lo so, ci sono cascato anche io non tanto tempo fa, ma proprio questa ammissione di colpa mi ha condotto a rispondere alla domanda che fa Krugman e che, in fondo, fa anche Bagnai nel post sulla produttività, ovvero perché nonostante la linea dell’austerità sia stata ormai largamente smentita da fatti evidenti e da argomentazioni inoppugnabili dei migliori economisti e studiosi di mezzo mondo, i decisori continuino a parlare e, soprattutto, ad agire per proseguire su quella linea? Perché, nonostante le innumerevoli argomentazioni provenienti dai meglio economisti mondiali, si continua a dire che l’euro è l’unica via?

Sono convinti? Naaa. Non vogliono ammettere di avere torto? Le spiegazioni psicologiche contano fino a un certo punto. Se ho di fronte Bokassa, capire le sue tare sarà molto utile per spiegare la politica estera dell’Uganda. Ma se ho di fronte decine di persone, in contesti e paesi diversi, che governano organismi importanti, ma non lo fanno da soli, i meccanismi psicologici del singolo contano fino a un certo punto. Certo, esiste il “groupthink”, esistono le scuole di pensiero, alla cui adesione o meno si collegano anche interessi rilevanti (avere o non avere incarichi accademici, visibilità etc.), ma Olli Rehn credo sia oltre tutto ciò. Quelli non lo fanno per convinzione, perché sono tali e tante le dimostrazioni contrarie e sono tanto poche e povere le argomentazioni favorevoli che una persona di media intelligenza avrebbe già cambiato idea da mò. Non lo fanno per necessità: secondo voi perdono il posto o finiscono in galera se cambia il vento?  Quindi perché lo fa? Lui, come moltissimi (tutti?) i fautori dell’euro, e dell’austerità, e della spesapubblicaimproduttivabrutto lo fanno perché sono in malafede. Se non fosse tragica, sarebbe comica la vicenda secondo cui uno dei due modelli di riferimento teorico (Reinhart-Rogoff) che sostenevano la così detta “austerità espansiva” (quella di Monti, per intenderci) era basato su una formula errata di un foglio excel. L’altro, quello di Alesina-Ardagna? Smontato già nel 2010 dal FMI, e presentato dal suo stesso autore in questo modo “.sometimes, not always, some fiscal adjustments based upon spending cuts are not associated with economic downturns”. E se lo dice lui che è solo “sometimes, not always”…

I fatti parlerebbero da soli, ma anche le teorie, ormai stanno a zero: di fronte ad un così evidente smacco teorico dovremmo assistere ad un cambio di rotta dei principali decisori europei e mondiali. E invece non succede niente. Argomentare, spiegare, dimostrare continua ad essere inutile. Luciano Gallino, ormai  dichiaraNon so più che altro dire. Ho già scritto due libri, ne sto scrivendo un terzo. Non mi resta che emigrare”  Krugman rincara e dice…” sarebbe davvero così facile porre fine alla piaga della disoccupazione? Sì – ma la gente al potere non vuole crederci.”.

Non è una questione cognitiva, non è una questione psicologica. “Vedono la crisi come un’opportunità per smantellare la rete di sicurezza sociale” dice Krugman oppure in un altro post: “Ciò che il più ricco un per cento della popolazione desidera, diventa ciò che la scienza economica ci dice che dobbiamo fare.” E’ questione di soldi, tanti soldi. I nostri soldi che devono, in un modo o nell’altro, passare di mano. Dal 1990 ad oggi, c’è stato uno spostamento di risorse dai salari ai profitti (cioè da noi alle elites dirigenti del sistema) pari all’8% del PIL, pari a circa 120 miliardi di euro. Sono una montagna di soldi, ma evidentemente non bastano.

Poi infine questo articolo di Orizzonte48 mi ha proposto un realistico scenario dei prossimi mesi, basato sull’analogia tra UE e strozzini e allora,  aggiungendo questo al il concetto di malafede, tutto diventa chiaro.

un'offerta che non si può rifiutare
un’offerta che non si può rifiutare

Se volete capire quello che succederà, quindi, immaginate l’UE come la mafia, il governo come la cosca locale e voi stessi come il commerciante taglieggiato. Il boss locale spreme, spreme, spreme finchè avete reddito a sufficienza, quando il reddito non gli basta più, rallenta, molla la presa un attimo (se voi chiudete, il suo pizzo diventa zero e non vuole che voi facciate gesti disperati e andiate a denunciarlo) e poi quando ricomincia passa ad attaccare pian piano il patrimonio, fino a che non siete più voi a pagare il pizzo a lui sugli introiti del VOSTRO negozio, ma è lui a incassare i profitti del SUO negozio e lasciare le briciole a voi. Cioè a noi.

Continuate ad occuparvi dei rimborsi dei parlamentari a 5 stelle, va… che così il boss sarà contento.